CATTIVERIO
Brevi
note di lettura politicamente scorrette
Robert
Hugues, La
cultura del piagnisteo,
Adelphi 1994, pp.242
Sebbene
la globalizzazione stia sottoponendo l'umanità intera a tribolazioni
apocalittiche, l'opinione pubblica non ha ancora capito quale sia il
fondamento culturale del sistema mondialista: l'ideologia della
“correttezza politica”. La peste politicamente corretta agisce
con impressionante virulenza anche nel pieno della cosiddetta crisi
economica, che è in realtà una crisi di valori umani determinata
proprio dalle ideologie progressiste. Un classico intramontabile che
ci aiuta a inquadrare i termini della questione è La
cultura del piagnisteo
di Robert Hugues, autore di origine australiana emigrato negli Stati
Uniti. Hugues è stato testimone della diffusione endemica delle
follie politicamente corrette nelle università americane che
prefigurano una cupa era teocratica in cui vige la cultura del veto,
della censura, dell'interdetto. Alcuni brani di questo libro sono
perfino divertenti, soprattutto quelli in cui si ripercorrono le tesi
degli studiosi afroamericani che ritengono che Mozart avesse lontane
origini africane! Se però pensiamo che queste idiozie sono accettate
nel mondo accademico, c'è poco da ridere e molto da preoccuparsi...
Già oggi possiamo osservare come la dittatura del politicamente
corretto abbia creato una società a misura d'imbecille e non ci sono
elementi per sperare che la situazione possa migliorare. Ormai nel
mondo occidentale il senso della cittadinanza si è stemperato in un
groviglio di rivendicazioni in cui i gruppi organizzati fanno la gara
del vittimismo per farsi inserire in caste di privilegiati che godono
di speciali tutele: ebrei, neri, donne, omosessuali e chi più ne ha
più ne metta... Il libro di Hugues ci aiuta se non altro a osservare
il fenomeno con un certo distacco: Hugues, che non è affatto un
reazionario, ricorda che il senso della cultura è quello di
costruire una capacità critica attraverso il confronto delle
opinioni e soprattutto a non dimenticare mai l'esercizio del buon
senso!
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Gian
Antonio Stella, Negri
froci giudei & Co.,
Rizzoli 2009, pp.331
Solo
per dire che chi verga queste righe ha avuto l'onore della citazione
nel miserabile libro con cui Gian Antonio Stella cerca di convincere
i lettori a farsi sodomizzare dalla globalizzazione...
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Nicholas
Wade, A
Troublesome Inheritance,
The Penguin Press 2014, pp.278
Lo
scienziato inglese Nicholas Wade ha sollevato un vero e proprio
vespaio con la sua opera A
Troublesome Inheritance
. Si tratta di un corposo saggio scientifico dedicato allo studio
dell'eredità genetica, un campo che si intreccia con la scienza,
oggi dimenticata, dell'antropologia razziale. Wade nella prefazione
afferma di essere consapevole del carattere eversivo dei suoi studi:
il mondo accademico è massicciamente schierato a sinistra e
contestare i dogmi egualitari significa mettere a repentaglio la
propria carriera e vedere tagliati i finanziamenti alla ricerca.
Tuttavia il dovere dell'onestà intellettuale ha spinto Wade a
proseguire sulla sua strada. La tesi dello scienziato inglese in
sintesi è che l'ambiente naturale incide sulle caratteristiche
genetiche degli abitanti e che gli stessi stili di vita alla lunga
possono produrre modificazioni genetiche che ispirano comportamenti
sociali e stili di vita. Esemplificazione clamorosa di questa tesi
può essere la forte percentuale di criminali nella popolazione nera
americana. Inutile dire che la pubblicazione di questo libro ha
sollevato una immediata levata di scudi da parte degli intellettuali
di regime che hanno firmato appelli ufficiali per screditare la
validità scientifica degli studi di Wade. Certamente non mancheranno
gli imbecilli di turno che invocheranno la censura di A
Troublesome Inheritance,
ma per il momento il libro è ancora disponibile e ampiamente
diffuso: i lettori più curiosi e intelligenti non mancheranno di
valutarne quanto meno l'originalità di prospettiva...
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John
Norman e la saga del mondo di Gor
La
saga del mondo di Gor,
ideata dall'americano John Norman, è ambientata in un mondo
barbarico ed eroico, in cui i ruoli sessuali sono fortemente
differenziati e caratterizzati: uomini nerboruti e coraggiosi sono
proprietari di concubine-schiave, le quali vivono il loro statuto
esistenziale fatto di sottomissione e di punizioni senza nemmeno
immaginare un'alternativa. A dire dello stesso Norman la sua opera
narrativa, articolata in decine di titoli, è ispirata a tre autori
fondamentali della cultura occidentale: Omero, Nietzsche e Freud. Da
Omero Norman ha preso i valori di una società guerriera, da
Nietzsche il concetto di gerarchia e il culto della forza, da Freud
l'idea che il sesso sia un elemento centrale nella psicologia umana.
Che dire? Da questo mix è nata una scrittura che ha fatto della
'scorrettezza politica' il tratto distintivo, e tanto basta a
renderla intrigante...
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Shlomo
Sand, L'invenzione
del popolo ebraico,
Rizzoli 2010, pp.536
Quante
volte abbiamo sentito bollare come un “mito” il richiamo alle
origini ancestrali dei popoli e delle comunità etniche! Soprattutto
oggi, nel tempo del mondialismo, assistiamo a un fiorire di tesi che
demoliscono le identità etniche e nazionali in nome di una presunta
“fratellanza” che in realtà esiste solo nelle intenzioni della
classe dirigente (e che, naturalmente, è funzionale ai suoi
interessi). Finora però nessuno aveva mai scalfito il mito
dell’identità…israeliana! Proprio uno storico israeliano invece
si è impegnato nella demistificazione di questo assioma intangibile.
Si tratta di Shlomo Sand, che ha pubblicato il libro L’invenzione
del popolo ebraico.
L’autore mette in discussione l’idea che Israele debba essere lo
stato degli ebrei e non piuttosto di tutti gli individui che
risiedono sul suo territorio. Sand quindi analizza la costruzione
artificiosa dello stato israeliano e della stessa identità ebraica,
denunciando senza mezzi termini la manipolazione degli eventi
sistematicamente attuata dalla cultura ufficiale: “i più svariati
luoghi della memoria vanno a costituire un universo immaginario che
modella il passato prima ancora che si abbiano gli strumenti per
affrontarlo in modo critico”. In particolare la “tredicesima
tribù” dei Khazari è il nodo più controverso (e meno conosciuto
dalla cultura di massa) riguardo l'identità dell'attuale popolazione
ebraica. L’operazione non è diversa da quella effettuata dalle
varie nazioni europee: i Francesi erano discendenti dei Galli, gli
Italiani erano discendenti dei Romani, i Greci erano discendenti di
Alessandro Magno…
Sebbene
ci fosse qualcosa di vero in questi richiami storici, i fatti sono
stati di volta in volta manipolati a seconda dei momenti storici,
delle ideologie dominanti, delle convenienze del caso…
Questi
interventi sull’interpretazione della storia, ampiamente dibattuti
e riconosciuti per tutte le nazioni del mondo, non sono stati messi
quasi mai in discussione per quanto riguarda la storia d’Israele.
Il sionismo si sviluppa sulla scia dei nazionalismi “terra e
sangue” che nascono in Germania e in Europa orientale: per il
sionismo l’identità ebraica è un tutt’uno con la concezione
sempre problematica di “razza”. Non c'è bisogno di sottolineare
il ruolo fondante della questione ebraica nella mentalità
“politicamente corretta”.
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Thorstein
Veblen, Il
matrimonio. La vera origine della proprietà,
Castelvecchi 2015, pp.46
Thorstein
Veblen fu un economista attivo negli Stati Uniti fra i secoli XIX e
XX, poco noto al pubblico di massa. Un suo studio tradotto in
italiano è assolutamente interessante poiché riguarda l'annosa
questione della nascita e del senso della proprietà privata.
Contrariamente alle teorie classiche secondo cui il lavoro produttivo
è considerato come il fondamento della proprietà, Veblen ritiene
che l'origine della proprietà consista nella transizione dalle
abitudini di vita pacifiche a quelle predatorie, e le prede per
eccellenza sarebbero state le donne. Il possesso delle donne avrebbe
dato ai maschi un segno di distinzione sociale che sarebbe stato
decisivo nella definizione della proprietà. Questa consuetudine più
tardi sarebbe stata istituzionalizzata sotto forma di matrimonio. Si
tratta di un passaggio mentale importante poiché apre la strada
all'ideologia vittimista del femminismo, ma c'è un particolare che
Veblen non spiega: in natura la differenza sessuale esiste in
funzione della riproduzione della specie e non dei piagnistei
“politicamente corretti”...
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Gianfranco
Miglio, Lezioni
di politica,
Il Mulino 2011 (2 voll.), pp. 348-514
Il
prof. Giamfranco Miglio, insigne studioso di politica, riconosciuto
come tale anche dagli avversari, è stata una figura singolare:
praticamente è l'unico intellettuale importante che ha sostenuto la
battaglia politica della Lega Nord. Proprio per questo il suo nome è
divenuto un incubo per l'establishment culturale italiano. La casa
editrice Il Mulino ha pubblicato una raccolta dei suoi insegnamenti
desunti da lezioni universitarie e appunti personali: si tratta di
un'opera di sicuro interesse per tutti coloro che sono si occupano di
scienze politiche, anche a prescindere dagli orientamenti personali.
Il compianto professore, uomo di cultura enciclopedica, aveva una
capacità di prospettiva storica e di inquadramento generale che si
trova raramente nella classe intellettuale odierna, poco interessata
a valutare i fenomeni di lunga durata perché impegnata a seguire le
vicende della cronaca politica nei loro aspetti più effimeri.
Miglio, feroce avversario di ogni parassitismo, smascherava i
travestimenti del potere soprattutto nei loro aspetti più odiosi:
quelli dell'utopia. Concetti come uguaglianza e pace, fondamenti del
potere progressista, venivano definiti da Miglio come “finzioni”
e “anti-realtà” che tuttavia garantiscono una sicura rendita
politica a chi riesce a cavalcare queste illusioni. L'approccio di
Miglio, estremamente pragmatico, può risultare un po' freddo per chi
preferisca dare alla politica anche una nota di romanticismo, inoltre
il “profesùr” era un uomo del '900, che probabilmente non si
rendeva ancora conto della spaventosa pericolosità del mondialismo e
che non aveva particolare propensione alla concezione complottista
della storia. Pur con questi limiti Miglio è un maestro di libertà
che ha molto da insegnare a un XXI secolo in cui la “morale degli
schiavi” sembra aver cancellato il senso della personalità umana!
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* *
Fabrizio
Rinaldini, Breiz
Atao. Lainé, il nazionalismo bretone e la collaborazione,
Ritter 2013, pp.241
I
politici che si richiamano all'indipendentismo potranno trarre utili
indicazioni dalla lettura del bel saggio di Fabrizio Rinaldini sul
movimento di Breiz
Atao.
Questo libro racconta per la prima volta al pubblico di lingua
italiana la storia del movimento indipendentista bretone negli anni
della seconda guerra mondiale. Durante l'occupazione tedesca il
separatismo bretone produsse esperienze politiche, istituzionali e
militari assolutamente originali, e fu in grado di formare
personalità di grande carisma e di notevole spessore. I patrioti
bretoni fiancheggiarono efficacemente i tedeschi, ma ovviamente
l'esito della guerra li coinvolse in vicende drammatiche che tuttavia
non hanno spento uno spirito autonomista che ancora oggi anima una
parte consistente della società bretone. Gli indipendentisti bretoni
tengono vivo lo spirito di quegli eroici combattenti indicando una
strada di assoluta coerenza culturale e ideologica per contrastare il
mondialismo, come testimonia il loro eccellente sito internet:
www.breizatao.com
***
Richard
Millet, Lingua
fantasma. Saggio sulla riduzione in povertà della letteratura
seguìto da Elogio letterario di Anders Breivik,
Liberlibri 2014, pp.120
Richard
Millet, romanziere di successo e riconosciuto come una delle voci
letterarie più raffinate della letteratura contemporanea francese ha
deciso di ribellarsi al linguaggio verminoso della “correttezza
politica” e di gridare al mondo quello che tutti pensano e che
nessuno ha il coraggio di dire, ovvero che la globalizzazione è la
morte di ogni civiltà e che è particolarmente deleteria per la
Vecchia Europa, che appare ormai come la vittima sacrificale del
Nuovo Ordine Mondiale. Soprattutto degno di nota è l'elogio
letterario di Breivik, che ovviamente non è un'apologia delle gesta
del guerriero norvegese, ma una riflessione sulle motivazioni che lo
hanno spinto alla strage di Utoya.
***
Rosario
e Antonio Marcianò, Scie
chimiche: la guerra segreta,
Uno editori 2015, pp.312
La
teoria delle scie chimiche è uno dei tormentoni del XXI secolo, e il
libro dei fratelli Marcianò è uno degli studi più approfonditi
dedicati all'argomento in lingua italiana. Com'è noto le misteriose
e inquietanti scie rilasciate in cielo dagli aerei sono ritenute
tutt'altro che naturali e si sono avanzate diverse ipotesi sul loro
utilizzo: utilizzo militare per comunicazioni su lunga distanza,
modificazioni climatiche, diffusione di agenti patogeni, tecniche di
manipolazione di massa...
Sebbene
molti considerino fantasiose queste teorie, le assurdità di cui
siamo testimoni devono indurre a valutare tutte le ipotesi, e le
teorie cospirazioniste classiche devono essere integrate dai dati dei
più recenti sviluppi tecnologici. L'argomento “scie chimiche” è
uno di quelli che irritano particolarmente le classi dirigenti, e
tanto basta a renderlo intrigante. Baste pensare che recentemente un
presidente del consiglio italiano ha dichiarato che chi crede a certe
teorie dovrebbe essere sottoposto a TSO (lui, ovviamente, si
considera “normale”...)!
*
* *
Daniel
Halévy, Storia
di quattro anni. 1997-2001,
Edizioni di Ar 2009, pp.88
Nel
1903 Daniel Halévy scriveva questo racconto visionario in cui
immaginava lo scenario sociale che si sarebbe verificato dopo un
secolo di democrazia, a cavallo dei secoli XX e XXI: masse di bruti
che vengono tenuti a bada con droghe e spettacoli sportivi si
aggirano come morti viventi in ogni dove, seminando violenze di ogni
tipo. La classe dirigente vive asserragliata in luoghi fortificati
cercando di difendersi alla meno peggio dalle orde di teppisti cui
era stata concessa l'emancipazione. I lettori degli anni 2000 possono
verificare di persona quanto Halévy si sia avvicinato alla realtà...
***
Theodore
J. Kaczynski, Il
manifesto di Unabomber. La società industriale e il suo futuro,
Stampa Alternativa 1997, pp.144
Letteralmente
UNA BOMBA ! I metodi terroristici di Kaczynski erano assolutamente
balordi, ma le sue considerazioni sulla degenerazione delle società
“sviluppate” sono fra le più lucide e penetranti che si
ricordino: l'Unabomber scrittore demolisce la “correttezza
politica” mattone per mattone...
***
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