Metafisica
dell’addio
Antonio
Di Gennaro ha pubblicato una raccolta di studi dedicati ad Emil
Cioran sotto il titolo suggestivo di Metafisica
dell’addio.
Le ricerche di Di Gennaro enucleano i temi portanti della filosofia
di Cioran indicando strade di ricerca per uno sviluppo dei temi
proposti dal pensatore rumeno, che nell’epoca del nichilismo
trionfante emerge in tutta la sua gigantesca statura.
La
filosofia come “ermeneutica delle lacrime”, la necessità della
preghiera pur nella consapevolezza dell’assenza di Dio,
l’incoscienza del sonno come liberazione suprema…
I
concetti che avevano trovato per la prima volta in Giacomo Leopardi
una voce significativa, in Cioran vengono dilatati e portati
all’esasperazione, fino a configurare quella che Di Gennaro
definisce come una vera e propria “patosofia”, ovvero un pensiero
che nasce dalla sofferenza, dal male di vivere e dal sapersi di
troppo in questo mondo.
Di
Gennaro individua un percorso di Cioran verso una involuzione della
coscienza, fino ad arrivare ad una sorta di abolizione dell’anima,
all’annullamento della volontà: si tratta di concezioni che quasi
richiamano l’ascesi buddhista.
Il
tema della preghiera è in Cioran fra i più densi e i più
affascinanti: sentita come necessità inderogabile, la preghiera
tuttavia diventa in Cioran la provocazione di un miscredente, o un
atto requisitorio rivolto ad un interlocutore fittizio che il
pensiero s’inventa per non cadere in un vuoto monologo. E dal tema
della preghiera innalzata a un Dio beffardo e diabolico nasce l’idea
della scrittura come rivolta, come atto d’accusa, come vendetta!
Nell’ontologia
del nulla elaborata da Cioran la noia si configura come una
dimensione totalizzante, e la coscienza del tempo è un vero e
proprio inferno.
Un
capitolo del libro è dedicato al piacere più grande che sia
concesso al genere umano: il sonno. Il “sonno senza sogni”,
ovvero la morte di cui parlava Leopardi nelle Operette
morali,
trova in Cioran un degno interprete. La coscienza di esistere è
infatti all’origine della sofferenza e il pensiero di Cioran
elabora l’apologia del sonno, un sonno che traghetta l’anima al
piacere della dissolvenza, all’abbandono nel Nirvana.
I
temi sempre stimolanti della funzione terapeutica della scrittura e
della tentazione del suicidio concludono questo brillante volumetto
di Antonio Di Gennaro: un utile contributo alla conoscenza
dell’autore rumeno, e un omaggio doveroso a cento anni dalla
nascita di questo genio filosofico.
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Antonio
Di Gennaro, Metafisica
dell’addio. Studi su Emil Cioran,
Aracne Editrice, Roma 2011, pp.104
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Cioran l'antiprofeta
Emil
Cioran, il filosofo della disperazione che meglio di chiunque altro
ha saputo scandagliare il sentimento dell’angoscia, è una figura
ancora poco studiata in relazione all’importanza capitale della sua
opera. Un significativo contributo per una maggiore conoscenza del
pensatore rumeno è il libro di Fabio Rodda Cioran,
l’antiprofeta. Fisionomia di un fallimento.
Rodda è un giovane studioso di filosofia laureato all’Università
di Bologna, che ha esordito brillantemente sulla scena letteraria con
questo saggio approfondito e ben documentato.
La
prima parte del
libro analizza il periodo rumeno della vita di Cioran. Nel 1933, a soli 22
anni, Cioran pubblica
Al culmine della disperazione, opera caratterizzata da notevole maturità e da grande sicurezza di
stile, che viene subito apprezzata dal mondo intellettuale. Già in
questa prima pubblicazione emergono i temi fondamentali del pensiero
di Cioran: il nichilismo, l’angoscia, il male di vivere, lo
smarrimento esistenziale.
Al culmine della disperazione, inoltre, si pone all’attenzione dei lettori per la scelta di un
linguaggio non prettamente filosofico, ma decisamente incline al
lirismo. In questo periodo giovanile si colloca anche l’esperienza
dell’appoggio alla “Legione dell’Arcangelo Michele”, il
movimento politico di Codreanu che, col suo nazionalismo mistico e
apocalittico, affascinò le menti più brillanti della Romania
dell’epoca. Nel 1936 Cioran scrive il saggio di orientamento
nazionalista Trasfigurazione
della Romania e
collabora con riviste di estrema destra, scrivendo articoli che poi
offriranno ai suoi avversari il pretesto per una scontata accusa di
“fascismo” che, naturalmente, danneggerà la sua carriera
intellettuale. Rodda, che non nasconde la sua simpatia per le
democrazie liberali, rivela comunque la capacità di saper cogliere
senza pregiudizi le motivazioni che ispirarono le scelte ideologiche
di Cioran e di tanti intellettuali vissuti in quei frangenti storici,
e analizza in maniera obiettiva alcune affermazioni di consenso che
Cioran espresse sui regimi nazionalisti. Cioran, comunque, non aveva
velleità di carriera politica, e già alla fine degli anni ’30 si
rivela poco interessato alle vicende che coinvolgevano la Romania
negli anni tumultuosi del regime di Antonescu. Il filosofo prosegue
il suo percorso intellettuale pubblicando nel 1937 Lacrime
e Santi, opera
importante in cui vengono indagate la dimensione della fede e la
condizione della santità, che Cioran definisce come una “scienza
esatta”. Cioran, pensatore antidogmatico per definizione, condanna
la sistematizzazione della fede nella teologia, ed è affascinato
dalla vertigine dell’esperienza mistica, attraverso la quale l’uomo
si avvicina a quella dimensione indeterminabile alla quale
istintivamente tende e che può toccare nei momenti di rapimento
estatico. In questo libro risalta anche il particolare interesse di
Cioran per la musica, vista come mezzo privilegiato per avvicinarsi
al trascendente. La seconda parte del saggio è dedicata al periodo
che si apre col trasferimento di Cioran a Parigi, nel 1937. Il
filosofo rumeno decide di scrivere in francese, una lingua che
permette alle sue opere una diffusione molto maggiore, e nel 1949
esce il suo capolavoro: Sommario
di decomposizione.
Questo libro è una sorta di poema in prosa nel quale la condizione
umana è vista con spietata lucidità nella sua assoluta mancanza di
senso e nella impossibilità di alcun fondamento: l’analisi delle
posizioni esistenziali viene spinta al di là di limiti che perfino
Leopardi e Schopenhauer non avevano osato oltrepassare. Rodda
analizza anche i rapporti di Cioran con la cultura dell’epoca, e in
particolare con quella della Francia engagée
nella quale Sartre
era l’intellettuale di riferimento. Naturalmente il pensiero di
Cioran, tutto volto all’esplorazione del nichilismo, non poteva
essere in sintonia col superficiale ottimismo degli intellettuali
progressisti, e mentre Sartre guidava le folle sessantottine nelle
piazze di Parigi, Cioran viveva sulla soglia della povertà nella
modesta mansarda in cui aveva trovato casa. L’attività
intellettuale di Cioran continua con la pubblicazione di altri
importanti libri in cui il pensatore continua a ribadire la totale
mancanza di senso della vita, arrivando a definire il fallimento come
orizzonte ineludibile dell’esperienza umana. Particolarmente
interessante è Storia
e utopia (1960), in
cui vengono presi in esame i due fondamentali atteggiamenti dell’uomo
di fronte alla storia: il tempo dell’azione, che è un folle
entusiasmo accecato dalla contingenza, e l’utopia, che è illusione
fornita dalla storia stessa per uscire da essa. Con straordinaria
preveggenza, Cioran delinea in Storia
e utopia l’orizzonte
demoniaco della globalizzazione, e scrive: «il gregge umano disperso
sarà riunito sotto la guardia di un pastore spietato, sorta di
mostro planetario dinanzi al quale le nazioni si prostreranno, in uno
stato di sgomento vicino all’estasi». Nel capitolo conclusivo,
Rodda rileva come il pensiero di Cioran sia ormai un punto di
riferimento essenziale per affrontare un’epoca di grande incertezza
che abbisogna di nuove sintesi culturali e ideologiche. Cioran,
maestro dell’aporia, che però non ha mai perso il gusto della
ricerca e della discussione, elabora un pensiero “incendiario” in
grado di mettere in crisi ogni dogma. Rodda riporta alla fine del
libro una frase del grande pensatore rumeno che descrive con efficacia il
senso di sradicamento che affligge il mondo contemporaneo: «sono un
apolide metafisico, un po’ come quegli stoici della fine
dell’Impero romano che si sentivano “cittadini del mondo”, il
che è come dire che non erano cittadini di nessun luogo».
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Fabio
Rodda, Cioran, l'antiprofeta. Fisionomia di un fallimento,
Mimesis, Milano 2006, pp.214
***
Trasfigurazione della Romania
«Non
c’è uomo politico al mondo d’oggi che m’ispiri più simpatia e
ammirazione di Hitler». Con questa dichiarazione del 1934 Emil
Cioran firmava la sua condanna all’emarginazione intellettuale.
Cioran, durante un soggiorno di studio in Germania ebbe modo di
assistere alla spettacolare ascesa del movimento nazionalsocialista e
fu anche questa esperienza che lo spinse a scrivere il celebre saggio
Trasfigurazione
della Romania
che si inseriva nel contesto storico dei grandi consensi raccolti
dalla “Legione dell’Arcangelo Michele”, il movimento politico
nazionalista della Romania, di cui Cioran era dichiarato
simpatizzante.
Un
editore francese ha recentemente ripubblicato questo straordinario
documento, che finora era disponibile solo nell’originale rumeno;
la lingua francese permette una diffusione molto maggiore del testo,
e c’è da augurarsi di vederne presto una traduzione italiana.
Il
libro può essere imbarazzante per gli ottusi inquisitori della
correttezza politica, ma è interessantissimo per chi vuole studiare
il pensiero di Cioran e la temperie storica in cui si è formato il
filosofo rumeno.
Trasfigurazione
della Romania,
pubblicato nel 1936, tratta del nazionalismo rumeno che negli anni
’20 e ’30 trovava voce nel movimento politico di Codreanu. La
Romania era una nazione giovane, segnata da lunghe dominazioni
straniere: turche, greche, austriache, ungheresi e, in tempi più
recenti, da un’invadente presenza della lobby
ebraica. Cioran parla del suo paese con tono piuttosto sconsolato:
descrive una popolazione sempre pronta a sottomettersi all’invasore
di turno e una cultura incapace di aprirsi a un respiro
internazionale. Il libro è scritto con uno stile forte e incisivo e
con un frequente utilizzo di termini come “militarismo” o
“imperialismo”, che possono far sorridere i lettori di oggi, ma
che all’epoca erano di uso comune nel linguaggio politico. Il
venticinquenne Cioran si esprimeva con foga giovanile in un
linguaggio che ricalcava gli schemi della pubblicistica nazionalista
dell’epoca, con toni che per il lettore odierno possono suonare
perfino ridicoli. Il giovane filosofo scriveva: «se fossi ebreo mi
suiciderei immediatamente».
Ma
accanto alle riflessioni sul destino della nazione rumena, in questo
libro cominciano a intravedersi i semi di riflessioni filosofiche che
Cioran svolgerà in seguito in maniera più approfondita. Il giovane
pensatore mostra di avere già una buona conoscenza di Hegel, di
Schopenhauer, di Nietzsche, di Spengler. Inoltre Cioran comincia ad
abbozzare quella critica dell’utopia che poi svilupperà in modi
molto più consapevoli.
Fra
i motivi di interesse del libro ci sono le considerazioni di Cioran
sui movimenti rivoluzionari e sui loro capi: Lenin, Mussolini,
Hitler. Il filosofo analizzando l’operato di questi uomini, ne
desume un’idea di “collettivismo nazionale” che vorrebbe vedere
applicata in Romania. Ovviamente i giudizi che Cioran esprimeva sul
comunismo e sul nazifascismo erano assolutamente parziali e poco
equilibrati, ma oggi possiamo parlare col “senno del poi”:
Trasfigurazione
della Romania
deve essere letto come la straordinaria testimonianza di un giovane
intellettuale militante che riflette sugli avvenimenti politici a lui
contemporanei.
Dopo
la seconda guerra mondiale Cioran ripudiò le idee nazionaliste della
gioventù e talvolta, per far dimenticare il suo passato “xenofobo”,
assunse atteggiamenti davvero patetici, dichiarando di “sentirsi
ebreo” oppure di “sentirsi ungherese”. Inoltre nel 1990 (cinque
anni prima di morire) ripubblicò il pamphlet
nazionalista con vistosi tagli nei passi che potevano apparire
“razzisti”.
Possiamo
augurarci che i lettori del XXI° secolo siano abbastanza maturi per
leggere l’edizione integrale del libro proposta in questa
traduzione francese, che si segnala anche per la cura nella
presentazione del testo. Il volume, infatti, prima della traduzione
dell’opera eseguita da Alain Paruit, propone una ricca introduzione
sulle vicende biografiche di Cioran, estratti della corrispondenza
dello stesso Cioran, una nota di Simone Boué, la compagna del
filosofo, e un excursus
storico sulla “Legione dell’Arcangelo Michele” e sul suo leader
Codreanu. Al termine del volume, infine, c’è una scheda che
descrive brevemente personaggi della politica e della cultura rumena
che Cioran ha citato nel testo.
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Emil
Cioran, Transfiguration
de la Roumanie,
L’Herne, Paris, 2009, pp.344
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