Claudio
Catani ama dire di se stesso che scrivendo poesia ha perso una grande
occasione: quella di stare zitto!
Ma
se Claudio Catani fosse stato zitto l’umanità non avrebbe potuto
ascoltare una delle voci poetiche più dense e geniali del XXI
secolo.
Fortunatamente
Catani ha pubblicato le sue poesie, vincendo un’istintiva
avversione per la comunicazione coi suoi simili e offrendo al
pubblico la testimonianza culturale di un autore che può a buon
diritto essere annoverato tra i grandi apolidi dell’esistenza che,
proscritti dal genere umano, hanno sublimato il dolore esistenziale
in una scrittura cristallina.
Il
primo libro di Claudio Catani è Frammenti
d’essere.
Questa silloge evidenzia i caratteri distintivi della poesia di
Catani: un’espressione scarna e asciutta, un linguaggio colto che
lascia trasparire la solida cultura classica dell’autore, un verso
breve e incisivo che fissa la parola in immagini dai tratti forti e
decisi. Catani si addentra nel buio del nichilismo con passo sicuro,
come se fosse nel suo ambiente naturale: lui stesso infatti dichiara
che l’universo tutto non è altro che una mera finzione
biologico-circostanziale priva di ogni immaginabile, presunta
validità ulteriore. Si tratta di una visione del mondo che richiama
esiti di nichilismo radicale quali solo Emil Cioran ha saputo
raggiungere. Per esempio Catani descrive certi orizzonti neoutopici,
mostrandone tutta la gelida astrattezza, nella poesia dal titolo “Les
philosophes nouveaux”:
Sisifo
istrione
e
ci par troppo
persino
il tempo
che
nominato hanno
dei
trent’anni.
A
noi affaticati
da
un orrendo tedio
meditabondo.
Diciamo
insonni
quant’è
lunga e greve
un’epoca
di stenti cerebrali
però
non
mancherò stasera
alla
tua festa.
Dirò
la testa consumata
ma
non le labbra a cercarne altre
non
l’umido sguardo esistenziale
progressista
a
lievitare atmosfere improvvisate
in
quel d’anonima
che
ci lascia saccheggiare.
Non
credo stasera
mi
resti il tempo
di
pensare a quanto già
son
mortalmente stanco.
Nella
nota biografica il poeta si definisce così: «Claudio Catani,
tosco-romagnolo come l’Appennino in cui fu gettato, sopravvive in
Santa Sofia, pago di quella contrada scabra». E nel libro si trovano
anche efficaci descrizioni paesaggistiche dei luoghi del poeta che
evidentemente si prestano a metafore esistenziali, come in
“Appennino”:
Sasso
che
rivedo
grandeggiare
folle
nello
schianto di saetta
passan
genti
che
la terra coglie
d’animali
le
generazioni
segnate
tutte a un destino
eguale.
Non
tu
atride
muto
dal
volto franto.
Fossi
come te
roccia
al sentire.
Catani
non vede orizzonti messianici, per lui non c’è Terra Promessa da
raggiungere, come ci dice in “Furia di Mosè”:
Non
è terra Dio!
È
rossa
maledetta
gonfia
di bestemmia
gravida
di lacrime.
Nel
suo grembo
cova
larve di spettro
non
germe di frutti
fino
alla bocca
fendono
come lame
le
fosse nel petto
rigurgiti
sepolcrali
in
aliti di peste.
Questa
è terra promessa?
S’involva
la luce
su
noi traditi
chè
non ha motivo la speranza.
Tra
queste siepi avvizzite di memoria
una
densa cappa di rancori
rallenta
pensieri nuovi
di
concordia.
Dio!
Posano
attenti i timpani
della
mia sorda collera.
Il
poeta è decisamente più incline a riconoscersi negli schemi della
tragedia classica:
grimaldelli
di luce
mi
disserrano gl’occhi
d’Edipo
feriti.
E
ancora, Catani dedica una lunga sequenza a Prometeo, simbolo del
fallimento esistenziale cui siamo inevitabilmente condannati.
La
seconda raccolta di Catani segna un importante salto di qualità,
segnalandosi come la più convincente di quelle finora pubblicate, e
riassume nel titolo il senso della vicenda culturale dell’autore:
Silenziario.
In
questo libro la nota biografica riporta: «Claudio Catani, adespoto
apolide, è attualmente assorto in paradossi zenoniani».
Qui
il dire poetico diviene particolarmente penetrante, con un più
frequente uso di rime e assonanze, e con una ricerca di musicalità
che si evidenzia fin dal componimento d’apertura “Verrà il
Silenzio”:
Non
provinciale
né
dei dintorni
questo
è già un mondo
senza
contorni.
Dura
la gleba
il
solco avaro
mercede
il sudore
d’un
pomo amaro.
Com’essudario
su
questa terra
non
poserà alcuna memoria
l’età
sottile
la
spazzerà via
questo
riparo di filo Sophia.
Seguirà
il tutto
com’è
necessario
giusta
la legge del silenziario.
Tornano
riferimenti al mondo classico, alla tragedia greca, a figure
mitologiche che rappresentano un’umanità in bilico sull’orlo
dell’abisso. Il linguaggio si avvale di metafore sontuose che
raggiungono il vertice espressivo in “Assurdo come armonia”:
L’ugola
della notte
trilla
ancora di gemme serrate
nello
scrigno dei campi.
Pendule
da rami
scroscianti
ouvertures di foglie
rimano
col rullo delle onde.
Non
ha posa
non
ha posa il fiume
nell’inventare
la greve passacaglia
del
suo corso:
basso
ostinato
che
i pensieri m’ha guidato
come
un padre i primi passi.
Oggi
ancora là
col
suo assurdo andare di legni
e
di memoria.
Lunga
traccia d’inchiostro
che
scivola nel buio
lasciato
dalle stelle.
E
il viaggio nell’assurdo continua fino a richiamare nell’ultimo
testo il manichino che lo stesso Catani ha disegnato per la copertina
del libro:
Manichino
silente
l’essere
non pensa
il
vuoto sì
quello
dell’assenza.
La
terza raccolta di Catani è Paradisi
di tormento.
Il testo iniziale ha il titolo indicativo di “Cruciatus”:
E
l’Angelo vidi del tormento
in
odio a due poteri
che
nel discernimento
trasse
d’oppositi voleri.
L’infante
capo chino
scomposto
irsuto crine
gemeva
solitario l’ali
piantate
al sudicio congiario.
Scarniva
massacrato
per
la pietà divina
le
membra sue corrotte
di
lue luciferina
Bestia
e Gran Demiurgo
per
una volta invero
accordo
avean stretto
nel
giudicarlo reo.
E
mi guardò afflitto
poi
gorgogliò parola:
“a
te non fu già conto
fratello
delirante
l’uno
all’altro mai
può
starsene distante.
Li
ripudia entrambi
e
tale è la semenza
dell’incorrotto
mio sentire
reo
d’innocenza”.
Inutile
sottolineare come in queste immagini infernali si senta l’influenza
di Apocalisse
23,
il libro che ha posto un sigillo indelebile sulla poesia del XXI
secolo. Inoltre alle consuete immagini classiche, Catani affianca
interessanti rielaborazioni di temi desunti da Leopardi, da Foscolo,
da Céline.
I
lettori avranno modo di apprezzare e di valutare a fondo queste tre
raccolte, che meritano di essere annoverate fra i titoli più
originali della poesia contemporanea, in attesa di assistere a nuovi
sviluppi del lavoro letterario di Claudio Catani.
_______
Claudio
Catani, Frammenti
d’essere,
Ibiskos Editrice, Empoli 2000, pp.72
***
Claudio
Catani, Silenziario,
Società Editrice «Il Ponte Vecchio», Cesena 2003, pp.80
***
Claudio
Catani, Paradisi
di tormento,
Libroitaliano World, Ragusa 2007, pp.48
***
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