Un
processo politico?
Il
buon vecchio Fritz continua a manifestarsi come un incubo per la
cultura “democratica”!
Friedrich
Nietzsche, il più radicale critico dell’uguaglianza, turba i sonni
degli intellettuali di regime, la cui unica occupazione consiste nel
molestare l’opinione pubblica con un assillante stalking
antirazzista che perseguita le vittime a ogni ora del giorno e della
notte…
Eppure
Nietzsche è ancora oggi il filosofo più letto al mondo:
evidentemente l’ideologia massonica della fratellanza universale,
così cara alla classe dirigente mondialista, suscita più di un
dubbio e non è universalmente condivisa…
Di
conseguenza gli scribacchini prezzolati al servizio del mondialismo
si interrogano sulle possibili letture e interpretazioni del filosofo
sassone. Posto che il genio filosofico di Nietzsche è fuori
discussione e che il suo pensiero è un punto di riferimento
ineludibile, gli apprendisti stregoni che vogliono la globalizzazione
si arrovellano su come disinnescare la dinamite nietzscheana.
Pertanto
è di grande interesse il libro di Massimo Ferrari Zumbini Nietzsche:
storia di un processo politico,
opera lodevole per chiarezza espositiva e onestà intellettuale (dote
alquanto rara di questi tempi). Il titolo del libro è indicativo,
infatti gli intellettuali progressisti, autonominatisi alfieri del
Bene, si ritengono autorizzati a “processare” le idee degli
avversari, anche se in realtà, considerando che le società
“democratiche” producono criminalità, corruzione,
disoccupazione, inflazione, disgregazione sociale, sotto processo ci
dovrebbe andare la “democrazia”!
Il
saggio di Ferrari Zumbini analizza le interpretazioni di Nietzsche
che si sono succedute dalla fine del XIX secolo ai giorni nostri.
A
cavallo fra i due secoli la sorella Elisabeth e il conte Harry
Kessler fanno dell’Archivio Nietzsche un punto di riferimento
internazionale per artisti e pensatori, quasi un contraltare della
Bayreuth wagneriana. In questa fase le opere di Nietzsche cominciano
a incontrare il favore del pubblico, tuttavia il loro successo
potrebbe anche non essere duraturo. I feroci attacchi del filosofo
contro il Cristianesimo e il Kaiser rischiano la censura per
blasfemia e lesa maestà!
La
prima fase interpretativa individuata da Ferrari Zumbini è quella
che comincia nel 1914. Con lo scoppio della Grande Guerra, Nietzsche
viene “nazionalizzato” da Werner Sombart, che tratteggia il
filosofo come rappresentante della concezione eroica del mondo.
Dall’altra parte la propaganda inglese presentava il pensiero di
Nietzsche come responsabile della guerra. La polemica ebbe comunque
l’effetto di rendere estremamente popolare la figura di Nietzsche.
Nel
dopoguerra Nietzsche continua a essere utilizzato dagli intellettuali
di destra, poiché il suo pensiero si prestava particolarmente alla
reductio
ad unum
dell’avversario: cristianesimo, democrazia, liberalismo, socialismo
erano accomunati nella critica dell’uguaglianza.
Con
l’avvento al potere di Hitler si apre una nuova fase. Si è molto
favoleggiato su Nietzsche “filosofo del nazismo”, ma in realtà
l’utilizzo del pensiero nietzscheano fu parziale e problematico.
L’intellettuale più attivo in questo senso fu Alfred Baeumler,
autore di Nietzsche
der Philosoph und Politiker
(traduzione italiana: Alfred Baeumler, Nietzsche
filosofo e politico,
Edizioni di Ar). Lo stesso gerarca Rosenberg incoraggiò Baeumler a
fornire un’interpretazione di Nietzsche che potesse andare incontro
ai canoni ideologici del nazionalsocialismo. Nel pensiero
nietzscheano gli stimoli in questo senso non mancavano, tuttavia gli
interpreti nazisti trovavano anche difficoltà di non facile
soluzione nei celebri pezzi anti-antisemiti e nelle tirate
antitedesche. Inoltre nello stesso ambiente nazional-patriottico
c’erano filoni di pensiero ostili a Nietzsche: dalla cultura
cristiana, sia cattolica sia protestante, all’ambiente wagneriano
che conservava il ricordo della rottura tra il filosofo e il
musicista. Le correnti più spiccatamente razziste del movimento
erano poco interessate al pensiero di Nietzsche e arrivavano ad
accusarlo di essere stato un filosemita.
In
tutta questa polemica, Ferrari Zumbini suggerisce opportunamente di
dimenticare per sempre la leggenda della sorella di Nietzsche che
avrebbe manipolato gli scritti del filosofo per renderli graditi al
regime hitleriano. In realtà le manipolazioni hanno riguardato
aspetti della vita personale di Nietzsche che potevano essere
imbarazzanti per la famiglia. Quindi la “desororizzazione” di
Nietzsche appare come uno dei più importanti passi metodologici per
l’interpretazione del filosofo.
Dopo
il 1945 comincia la fase della demonizzazione e della damnatio
memoriae:
principe di quest’atteggiamento è il filosofo comunista Lukács.
Soltanto a fine anni ’60, con la nuova traduzione di Montinari si
riaccende l’interesse per Nietzsche e il filosofo viene liberato
dalla gabbia ideologica nella quale era stato artificiosamente
rinchiuso. In questo periodo il pensiero nietzscheano ha modo di
estendersi e di mostrare una varietà di interpretazioni, più o meno
congruenti, ma che comunque mostrano la straordinaria versatilità
degli strumenti concettuali approntati da Nietzsche.
Forse
proprio per questo all’inizio del XXI secolo alcuni intellettuali
di area progressista hanno ricominciato a mettere in discussione il
filosofo della “volontà di potenza”.
Lo
studioso italiano Domenico Losurdo, nella sua opera Nietzsche,
il ribelle aristocratico
ripropone l’immagine del filosofo tedesco come teorico della
selezione dei più forti e della sopraffazione dei deboli. Losurdo
ripercorre lo stereotipo lanciato da Brandes (Georg Brandes,
Friedrich
Nietzsche o del radicalismo aristocratico,
Edizioni di Ar) attualizzandolo con l’ausilio di una vetusta
attrezzeria marxista.
Thomas
Mittmann, da parte sua, ha scritto un importante saggio dal titolo
Vom
“Günstling” zum “Urfeind” der Juden: Die antisemitische
Nietzsche-Rezeption in Deutschland bis zum Ende des
Nationalsozialismus;
il libro, dedicato alla recezione antisemita di Nietzsche non sa far
di meglio che mettere il pensiero del filosofo in diretta relazione
con la favola preferita del gregge democratico: l’Olocausto…
A
questo proposito lo stesso Ferrari Zumbini rileva l’evanescenza di
certe posizioni ideologizzate, poiché la storia della rivoluzione
non è certo esente dalla violenza. Possiamo infatti constatare che
anche senza mettere in discussione la versione ufficiale
dell’Olocausto (peraltro imposta per legge), le vittime delle
persecuzioni politiche nei regimi comunisti sono in numero molto più
alto di quelle imputate ai regimi fascisti!
Un
capitolo del libro di Ferrari Zumbini è dedicato al rapporto fra
Nietzsche e l’antisemitismo. Si è discusso e si discute ancora
molto su quali fossero i reali sentimenti di Nietzsche verso gli
ebrei, e Ferrari Zumbini passa in rassegna le varie interpretazioni.
La critica corrosiva e radicale che Nietzsche rivolge al
Cristianesimo può essere evidentemente estesa anche agli altri due
monoteismi. Inoltre la filosofia di Nietzsche si presta alla
concezione cospirativa della storia e offre ai complottisti spunti di
grande interesse. Al di là delle osservazioni di Ferrari Zumbini
occorre tuttavia considerare che la questione dovrebbe essere
affrontata anche alla luce di ciò che intende la paranoica cultura
“democratica” per antisemitismo: ormai si è fatta strada l’idea
che chi non appartiene al “popolo eletto” è considerato ipso
facto
antisemita…
La
parte più interessante del libro è il capitolo finale dal titolo
“Olocausti coloniali”. La classe dirigente di inizio XXI secolo,
infatti, sta operando una revisione del passato che aspira a
presentare l’epoca del capitalismo globale come il punto d’arrivo
della storia in cui la felicità umana sarebbe garantita da una
solerte vigilanza sui “crimini contro l’umanità”. In tale
contesto le colpe, vere o presunte, dei popoli bianchi nel periodo
coloniale diventano il peccato originale da espiare in
saecula saeculorum!
Non mancano studiosi che individuano nelle feroci repressioni delle
rivolte nelle colonie tedesche in Africa una propensione allo
sterminio che sarebbe tipica dei popoli germanici: una tesi ispirata
al più bieco razzismo biologico…
In
questa chiave diventa decisiva l’interpretazione che si vuole
fornire del filosofo più popolare di tutti i tempi: proprio
Nietzsche infatti ha denunciato quella morale dell’odio e del
risentimento che oggi si manifesta nella “morale umanitaria”!
Ferrari
Zumbini osserva che l’ideologia dei diritti umani gode di consenso
generalizzato, e in effetti sembra che le istituzioni internazionali
non trovino alcuna opposizione nella definizione delle categorie
giuridiche mondialiste. Ma gli osservatori più accorti non potranno
fare a meno di interrogarsi sull’enigma del consenso che sorregge
l’ideologia “umanitaria”. Gli stati moderni infatti si
caratterizzano per una progressiva restrizione delle libertà
individuali e per l’applicazione del tutto pretestuosa dei “diritti
umani”. Si pensi al martirio della Palestina, alle guerre sedicenti
“umanitarie”, alla drammatica condizione dei diritti politici in
Cina, al mandato d’arresto europeo, alle leggi antiterrorismo
americane…
Sono
gli esempi più clamorosi di violazione dei più elementari diritti
umani e civili da parte di paesi che fanno la parte del leone alle
Nazioni Unite!
In
un contesto simile c’è spazio per un rilancio in grande stile del
pensiero di Nietzsche che, come sempre, può offrire stimoli
originalissimi per l’elaborazione di nuovi schemi mentali, purché
si tenga presente l’opportuno avvertimento di Montinari: “leggere
Nietzsche in modo storico e non ideologico, filologico e non
attualizzante”.
Il
pensiero nietzscheano, che smaschera ogni ipocrisia con un linguaggio
contundente e sempre attuale, ci offre una via d’uscita dal vicolo
cieco della globalizzazione. Del resto è proprio per questo che il
filosofo tedesco fa ancora tanta paura…
***
Massimo
Ferrari Zumbini, Nietzsche:
storia di un processo politico. Dal nazismo alla globalizzazione,
Rubbettino, Soveria Mannelli 2011, pp.324
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