Leggere
Guido Ceronetti è come avere sotto gli occhi il 23° capitolo
dell’Apocalisse. Il veggente torinese, apocalittico di professione,
è da tempo una delle figure più solide e originali della
letteratura contemporanea, e nel 2009 ha pubblicato Le
ballate dell’angelo ferito,
un libro che raccoglie i testi che il poeta ha utilizzato nella sua
attività di teatro di strada con l’aggiunta di alcune poesie
inedite. Intelligenza lucida e penetrante come poche altre Ceronetti,
com’è noto, predilige nella poesia temi storici che egli tratta
con grande abilità, delineando in tratti precisi ed essenziali
personaggi e momenti decisivi per i destini umani. Vediamo così
scorrere nelle poesie di Ceronetti momenti di storia lontana e
recente: da Giulio Cesare a Kennedy, da Lutero a papa Wojtyla, dal
bombardamento di Dresda nel 1945 all’attentato alle Torri Gemelle.
E in questa carrellata Ceronetti riesce a far sfilare santi e
diavoli, da Bernadette di Lourdes al mago di Satana Aleister Crowley…
La
melodia del verso ceronettiano col suo ritmo ipnotico accompagna il
lettore in un viaggio esistenziale che mette a nudo la fragilità
della condizione umana, evidenziata fin dal titolo e dall’immagine
di copertina: un dipinto del 1903 di Hugo Simberg che raffigura un
angelo ferito portato da due barellieri dall’aria piuttosto
stordita. Ceronetti ama dire di se stesso che è nato nell’anno in
cui Heidegger pubblicò Essere
e tempo
(1927). Forse davvero un segno del destino poiché Ceronetti è stato
un interprete di spicco del filone esistenzialista del XX° secolo:
il poeta torinese talvolta parla con accenti che ricordano Emil
Cioran, il filosofo del nichilismo radicale che più di ogni altro ha
saputo indagare l’assurdo della condizione umana. Non a caso una
delle poesie più toccanti della raccolta è dedicata alla penosa
vicenda di Eluana Englaro: «debole morta, da macchine crudeli
trattenuta in oscurata vita». I controversi temi dell’eutanasia e
del diritto alla vita si riallacciano alle dottrine dei Catari che
tanto hanno affascinato Ceronetti: l’esoterismo gnostico degli
eretici del Male, infatti, riaffiora periodicamente nella cultura
occidentale, risucchiando le anime nell’abisso dell’alienazione.
E
ancora il poeta apocalittico ricorda che «tutti gli alberi sono
angeli feriti», richiamando l’attenzione su una delle questioni
che più gli stanno a cuore: le devastazioni della natura a opera
dell’uomo e la necessità di affermare una cultura ispirata ai
valori dell’ecologia profonda. Ceronetti, che è sempre stato
estraneo al dibattito politico spicciolo, non ha mai mancato di far
sentire la sua voce sul tema trasversale della tutela dell’ambiente.
Le
ballate dell’angelo ferito
è quindi una raccolta che evidenzia i temi portanti del percorso
intellettuale di Guido Ceronetti, ottimo interprete di un approccio
esoterico alla letteratura che può essere avvicinato a quello di un
altro grande autore torinese: Elémire Zolla.
Una
nota curiosa è la conclusione del libro dedicata a quella che
Ceronetti considera la più bella canzone del mondo: l’intramontabile
Lilì
Marleen,
resa celebre dalla voce di Lale Andersen e tradotta in una
cinquantina di lingue.
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Guido
Ceronetti, Le
ballate dell’angelo ferito,
il notes magico, Padova 2009, pp.112
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