In
un’epoca in cui la classe dirigente raccoglie consenso attraverso
la divinizzazione dell’omosessualità, ci si deve interrogare su
quali possano essere le fonti che ispirano tanta sollecitudine verso
la lobby
gay.
Sull’argomento esiste un diluvio di letteratura che ha affrontato
il tema nelle sue varie manifestazioni storiche.
Uno
studio di particolare interesse sul fenomeno è stato pubblicato da
Bernard Sergent, col titolo Omosexualité
et initiation chez les peuples indo-européens.
L’indagine
parte dai rituali pederastici ampiamente attestati nell’antica
Grecia e si propone di dimostrare che l’omosessualità iniziatica
sarebbe un retaggio ancestrale dei popoli indoeuropei derivante dalla
loro preistoria comune. Il saggio considera come punti di riferimento
le testimonianze sulla pederastia cretese del IV secolo a.C. e il
racconto di Ammiano Marcellino sulla tribù barbara dei Taifali nel
IV secolo d.C.
In
entrambi i casi si ha un rapporto omosessuale fra un adulto e un
giovane. A Creta il ragazzo è considerato adulto dopo un periodo di
due mesi passato con l’erastes,
al termine del quale riceve le armi e può sacrificare un bue a Zeus.
Presso i Taifali, il ragazzo conquista l’autonomia uccidendo un
orso e dimostrando in questo modo di essere giunto all’età adulta.
Fra
questi due episodi si inserisce un vasto insieme di testimonianze
della civiltà greca: dalla storia alla mitologia, dalla letteratura
all’archeologia, ci sono numerose attestazioni di pederastia
rituale. Le storie di Giacinto e di Ciparisso documentano il ruolo
del dio Apollo nell’omosessualità iniziatica. Un mito analogo era
quello di Zeus e Ganimede, e alcune tradizioni riportano storie del
genere riferite all’eroe Eracle.
Anche
la relazione fra Achille e Patroclo è suscettibile di
interpretazioni omosessuali, ed è ben nota la storia del Battaglione
Sacro di Tebe, costituito da coppie di soldati omosessuali.
Per
Sergent il senso della pederastia iniziatica era quello di formare la
classe dirigente della polis:
attraverso la femminilizzazione del giovane iniziato si escludeva la
partecipazione delle donne alla vita pubblica e si istituiva la
comunità maschile che deteneva il potere politico. Si tratta quindi
di un tema estremamente complesso e le cui interpretazioni risultano
difficilmente utilizzabili anche dagli allucinati sostenitori delle
“pari opportunità”…
Quindi
Sergent cerca di raccogliere dati per avallare la sua tesi
sull’origine comune indoeuropea di tali costumi, ma al di fuori
della civiltà greca gli elementi in questo senso sono del tutto
frammentari. Per quanto riguarda i Germani il solo dato di fatto è
quello già citato dei Taifali. Per il resto si può arguire qualcosa
dal comportamento sessuale piuttosto trasgressivo degli dèi Vani
nella mitologia nordica.
Presso
i Celti testimonianze di Diodoro e di Strabone parlano di
comportamenti omosessuali, ma al riguardo nulla dice Cesare, che è
la fonte più esaustiva sulla civiltà celtica: l’assoluto silenzio
del condottiero romano è un elemento decisamente imbarazzante per
Sergent! Inoltre nella letteratura celtica medievale non si hanno
significativi riferimenti a eventuali pratiche di omosessualità
rituale.
Nella
civiltà persiana si riscontra la testimonianza di Erodoto su riti
omosessuali improntati alla civiltà greca, tuttavia i testi
zoroastriani condannano fermamente l’omosessualità assimilandola a
pratiche demoniache.
In
Albania alcuni studi antropologici hanno riscontrato forme di
omosessualità iniziatica ancora praticate nel XIX secolo, ma è
impossibile individuare fonti più antiche che possano attestare una
continuità attraverso il tempo di questo fenomeno.
Per
quanto riguarda l’antica Roma, sappiamo che abitudini omosessuali
si diffusero nell’alta società su imitazione dei Greci, tuttavia
l’omosessualità era malvista nelle classi sociali più umili e
criticata in alcuni ambienti culturali. In ogni caso non sembra che
si riscontri a Roma un fenomeno di pederastia iniziatica.
Infine
un altro grande pilastro della civiltà indoeuropea, l’antica
India, non ha lasciato traccia di forme ritualizzate di omosessualità
e di pederastia.
A
questo punto Sergent, pur costretto ad ammettere che non c’è modo
di ricostruire un mito comune indoeuropeo riguardante
l’omosessualità, tenta qualche acrobazia intellettuale per
dimostrare le sue tesi, e ipotizza che la classe sacerdotale abbia
preso il sopravvento su quella guerriera mettendone a freno la
sessualità impetuosa e incontrollata (!?!).
Il
tema merita di essere studiato senza lasciarsi influenzare da
moralismo e pruderie.
Che l’omosessualità iniziatica sia stata ampiamente diffusa nel
mondo greco è fuori discussione, che sia stata praticata in altri
gruppi di origine indoeuropea è plausibile, ma che si voglia farne
un elemento della cultura comune indoeuropea sembra una conclusione
piuttosto temeraria. In effetti l’impressione che si ricava dallo
studio di Sergent è quella di un lavoro volto alla dimostrazione di
una tesi preconcetta che procede per supposizioni e per ipotesi senza
alcun supporto scientifico. Del resto forme di omosessualità rituale
sono testimoniate dalle ricerche antropologiche in svariati gruppi
umani: non c’è motivo di pensare che tali comportamenti siano
stati una specificità indoeuropea.
Ma
l’omofilia è un pregiudizio profondamente radicato nella società
contemporanea, e il fatto che l’autore sia stato nominato membro
del Consiglio Nazionale della Ricerca Scientifica proprio in virtù
dei suoi studi sull’omosessualità desta il fondato sospetto che il
libro sia stato scritto su commissione…
Lo
stesso autore, del resto, scrive una postfazione che ha tutto il
sapore di un servile omaggio alla potentissima lobby
omosessuale. Infine Sergent si lascia sfuggire che l’umanità non
avrebbe mai sperimentato tanta libertà sessuale come nell’epoca
della pederastia iniziatica: parole che suonano quasi come
un’istigazione alla pedofilia…
***
Bernard
Sergent, Homosexualité
et initiation chez les peuples indo-européens,
Payot, Paris 1996, pp.670
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