Ellero
e Teodorico
Nel
1942 una missione archeologica tedesca portava alla luce i resti di
un palazzo signorile a Galeata, sull’Appennino romagnolo.
Probabilmente si trattava di un palazzo costruito dal re goto
Teodorico, secondo le notizie riferite dall’anonimo autore della
Vita
di Sant’Ellero.
L’edizione
moderna della biografia di questo santo è stata curata da don Franco
Zaghini per i tipi della Società Editrice “Il Ponte Vecchio”. Il
testo è stato scritto probabilmente in epoca precarolingia, verso il
750, ed è stato tramandato da codici molto antichi. Scritta in un
latino corretto e a tratti anche elegante, la Vita
Hilari
tramanda le gesta di Ellero, che conduce vita eremitica in un monte
della valle del Bidente, dove poi il santo darà vita a un monastero.
Naturalmente l’autore seguiva i classici topoi
letterari del genere: le vicende biografiche del santo ricalcano
quelle del Cristo, inoltre si trova il consueto repertorio di
guarigioni miracolose e di esorcismi.
L’episodio
più importante è quello dell’incontro fra Ellero e Teodorico.
L’autore narra che Teodorico aveva imposto pesanti corvées
alla popolazione locale per la costruzione del palazzo e che Ellero
si opponeva allo svolgimento dei lavori. Teodorico quindi si lanciò
a cavallo contro il monastero, ma l’animale si rifiutò di avanzare
e disarcionò il sovrano. Allora Teodorico chiese perdono a Ellero e
da quel momento lo tenne in grande venerazione.
Ovviamente
per l’autore la figura di Teodorico serviva solo come spalla per
esaltare le virtù di Ellero, e l’aneddoto del cavallo voleva
significare che il monastero di Sant’Ellero era il potere dominante
del territorio, un potere col quale anche un sovrano doveva venire a
patti.
Il
testo inoltre è ricco di interessanti spunti sulla vita dei
confratelli di Ellero, fra cui spicca l’abitudine di prendere il
cibo da un canestro coperto da un telo, nel quale c’erano frutti di
diverso genere, per non cadere nel peccato di gola.
L’esperienza
spirituale di Ellero si colloca a metà strada fra eremitismo e
cenobitismo, segnando un tipo di monachesimo che in quel territorio
appenninico darà vita all’esperienza camaldolese.
Nell’ampio
commento al testo, Zaghini esamina anche il materiale archeologico
giunto fino a noi, proponendo interpretazioni originali che non erano
state prese in considerazione da altri studiosi.
Vita
di Ellero,
a cura di Franco Zaghini, Società Editrice “Il Ponte Vecchio”,
Cesena 2004, pp.126
Comments
Post a Comment